Margara

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Repubblica di Màrgara

Stemma di Margara, illustrato da Elisa Giovannini

Questa Regione è riservata ai personaggi concordati con la Regia a seconda delle necessità dell'evento.

Custode

Levanta, il grande volatile marino somigliante all’albatro, con due paia di ali, dalle piume dorate e turchesi.

Motto

Nessun Padrone

Tipo di Governo

Oligarchia. Le tre principali città della Repubblica, Vestelia, Canélie e Barrasca, comprensive ciascuna dei territori circostanti, hanno governi fondamentalmente autonomi, ma gestiscono di concerto la politica estera e commerciale e si accordano su tutta una serie di provvedimenti e leggi comuni. Così, il governo di ogni città è esercitato da un Consiglio di Città, di cui fa parte un membro per ciascuna delle grandi famiglie dell’aristocrazia mercantile: a tale status una famiglia può accedere per meriti, che spesso si traducono nel finanziamento di grandi opere, rendendo di fatto la posizione accessibile per censo. Il Consiglio di Città elegge il Signore, carica vitalizia con compiti di rappresentanza e limitate funzioni esecutive. Inoltre, ogni Consiglio di Città elegge, ogni cinque anni, 30 rappresentanti che facciano parte, insieme a quelli prescelti dalle altre due città, del Consiglio della Repubblica, organo deputato alla politica estera e commerciale. È il Consiglio della Repubblica, infine, a scegliere il Doge di Margara, carica vitalizia con funzioni quasi esclusivamente rappresentative e religiose, ma ambitissima per il prestigio che assicura alla famiglia dell’eletto.

Razze

L’aristocrazia mercantile è composta soprattutto da umani ed egys; i tennar sono particolarmente apprezzati come danzatori, attori e giocolieri, mentre i nymal sono principalmente impiegati come portuali, marinai, pescatori, uomini di fatica, ed è raro vederne uno tra le classi alte. Il commercio e l’artigianato sono invece praticati in buona misura da esponenti di tutte le razze. È opportuno notare come questa suddivisione non sia sancita per legge, che anzi assicurerebbe un’opportunità a tutti a prescindere dalla razza, quanto più da radicata consuetudine, spesso sostenuta da forti preconcetti.

Descrizione

La Repubblica di Margara si affaccia su un ampio golfo e presenta sulla terraferma condizioni particolarmente adatte per lo sviluppo di una civiltà fiorente: clima mite, terreni fertili, numerosi fiumi. Anche alcune isole vicine fanno parte della Repubblica, ed alcuni Sentieri si aprono proprio dal mare, il che ha determinato il grande sviluppo navale della regione. In effetti Margara è tra le regioni di Vaniria con il maggior numero di Sentieri aperti e stabili, oltre che piuttosto antichi, condizione che le ha permesso di diventare un centro di scambio indispensabile tra diversi altri regni, arricchendosi coi commerci che ne sono derivati. Proprio questa sua necessità di intrattenere continue relazioni con regioni diverse ha fatto sì che le lingue e i dialetti parlati a Margara siano vicinissimi al Vaniriano comune. La Repubblica ha costruito la sua fortuna sulla compravendita delle merci più varie e preziose: spezie, tessuti, prodotti di artigianato. In particolare, le perle che si pescano nei suoi mari, nelle varietà bianche, nere e rosa, sono le più rinomate e preziose di Vaniria. Grazie a questa prosperità, per quanto possano essere identificate delle fasce di censo ben distinte, sono davvero pochi i cittadini di Margara che vivono in condizioni di indigenza. Dovendo accogliere mercanti da ogni dove, la Repubblica pratica una politica di ampia tolleranza nei confronti delle usanze e dei culti delle regioni con cui intrattiene i più stretti commerci: nelle grandi città vi sono interi quartieri dedicati agli alloggi degli stranieri, che presentano luoghi d’intrattenimento e di ristorazione tipici di coloro che sono destinati ad accogliere, oltre ai Templi del Viandante, dove i forestieri possono liberamente praticare i culti ufficiali delle regioni di provenienza. Tuttavia, un Cittadino della Repubblica che praticasse culti stranieri sarebbe guardato con sospetto, e tale possibilità è vietata per legge alle famiglie dell’aristocrazia mercantile.

Culto

I cittadini della Repubblica tributano venerazione principalmente a due divinità: Telea e Geno.

    • Telea**, la dea dalla coda di pesce e dal diadema di perle, è la signora del mare e delle acque: ne condivide la natura mutevole, generosa e seducente ma anche furiosa e ingannatrice; è la madre di tutti gli altri dèi, e come tale è anche protettrice delle madri mortali. È patrona della musica e della danza, riflessi del canto e della danza delle onde.
    • Geno**, il cui attributo è la bilancia d’oro, è il signore dei commerci e delle leggi: il suo ingegno è acuto, egli sa quando è tempo di ponderare e quando, invece, di cogliere l’occasione che si presenta; protegge gli intraprendenti ed è il garante delle regole di convivenza tra i mortali. È patrono delle arti e dell’artigianato.

Oltre a Telea e Geno, vi sono altre figure divine venerate nei templi di Margara: **Alide**, dea dell’agricoltura e dei boschi; **Manna**, signora dell’oltretomba e del vento; **Calamo**, dio del sole e della guerra; **Elana**, dea della luna e dell’amore; **Rennio**, signore della medicina e dell’alchimia. Il Doge è anche il vertice della casta sacerdotale di Margara, i cui membri spesso padroneggiano arti, anche mistiche, legate agli elementi o ai principi governati dalla loro divinità patrona. Nelle principali città sono presenti i così detti “Templi del Viandante”, dove è lecito praticare i culti ufficiali delle regioni esterne con cui la Repubblica intrattiene rapporti commerciali.

Capitale

Casteldemar sorge su una laguna tra le province di Vestelia e Canélie; è la città dove risiede il Doge, dove si trovano i palazzi del Consiglio della Repubblica e dei Consolati esteri. Costruita appositamente per essere lo specchio della prosperità dell’intera Margara, è un gioiello di architettura ed arte che si specchia nel mare, coi suoi marmi bianchi, gli archi acuti delle finestre, le cupole dei templi, i ponti dal profilo delicato che attraversano il fiume Clarée a intervalli regolari; molti degli spostamenti si effettuano tramite piccole imbarcazioni adatte a navigare il fiume e i canali di cui la città è disseminata. Tuttavia, essendo la sua funzione principalmente amministrativa, è piccola e poco popolata rispetto ad altre città di Margara. Ospita grandi eventi diplomatici e culturali, ricevimenti e balli.

Province

La Repubblica è divisa in tre Città, ciascuna delle quali comprende anche ampi territori circostanti, necessari al suo sostentamento, disseminati di altre città più piccole, villaggi e zone agricole. Tutte e tre le Città sono porti commerciali di grande rilievo e ciascuna di esse deve il suo soprannome al colore delle perle che abbondano nelle sue acque marine, tanto da essere non di rado utilizzate nelle decorazioni dei fregi dei palazzi di maggiore rilevanza.

Vestelia

Vestelia la Nera è la più settentrionale delle tre città e sorge in un lembo di terra stretto e lungo, tra le alte colline ed il tratto di mare in cui sfocia il fiume Beralo; l’epiteto della città, oltre che alle perle di cui è ricca, si deve anche al fatto che l’architettura cittadina utilizza non di rado l’alternanza di marmo bianco e nero, il che conferisce ai suoi edifici una sobria eleganza; le cave di marmo dell’entroterra sono in effetti un’altra risorsa commerciale di non poco conto per la provincia. Naturalmente la vita cittadina si sviluppa prevalentemente attorno e in relazione al porto e ai cantieri navali, ma la provincia nella sua interezza presenta molte altre peculiarità e attività: la più prestigiosa è forse l’Università, situata nella piccola città di Esalia, che forma i sapienti di tutta la Repubblica nei campi del diritto e delle arti, non ultime quella cerusica ed alchemica. Allo scopo di poter costituire una meta privilegiata anche per i rampolli delle altre due Città, l’Università di Esalia gode addirittura di una particolare autonomia rispetto alla provincia di cui fa parte; tra coloro che vi insegnano, la maggior parte sono egys, che costituiscono a Vestelia una vera e propria casta di sapienti. Anche per via dell’Università, Vestelia è una sorta di capitale culturale della Repubblica; oltre a questo, si pregia di dettare legge in fatto di moda e bellezza: i suoi abitanti, anche i meno abbienti, vestono con buoni tessuti, portano frequentemente gioielli, si ornano con trucco e profumi ed amano partecipare ad eventi mondani di carattere signorile, come i balli, il teatro, i concerti. Sullo stemma di Vestelia fa mostra di sé il vanitoso pavone con la coda aperta, nei suoi colori naturali, in campo d’oro.

Canélie

Canélie [pr. canelì] la Bianca sorge sull’estuario del fiume Gévalle [pr. gevàl, la g si pronuncia come in “Jaques”]: il suo porto, oltre a quelle commerciali, ha anche funzioni di base navale militare, ma tali attività sono supervisionate direttamente dal Consiglio della Repubblica. Nonostante questo, è indubbio che Canélie sia la provincia di Margara con il maggior numero di militari tra la popolazione, e soprattutto con il maggior numero di ufficiali: per quanto tale carriera non sia di solo appannaggio dell’aristocrazia, di fatto per lunga tradizione è ricoperta per lo più da umani. Lo sviluppo militare è sostenuto dai numerosi complessi di fucine che nell’entroterra producono armi bianche, armature e armi da fuoco di pregiata fattura, soprattutto nella zona di Lestonne [pr. Lestòn]. Canélie è una città piena di contraddizioni, in cui la languida opulenza degli edifici patrizi e il rigore degli acquartieramenti militari convivono con un una diffusa ed efficiente criminalità, controllata in gran parte dai nymal del porto, che di fatto costituisce un potere con cui il Consiglio di Città deve fare i conti; va detto che il “Mitan” [pr. mitàn] – questo il nome con cui ci si riferisce alla criminalità caneliana – è stato sempre pronto, all’occorrenza, a costituire un baluardo della città contro eventuali minacce esterne. Lo stemma di Canélie riporta l’astuta volpe rossa, nell’atto di camminare, in campo d’oro.

Barrasca

Barrasca la Rosa, la città più meridionale, sorge tra gli estuari di due fiumi, il Llober [pr. gliobér] e il Beguera [pr. beghèra]. Le sue ricche architetture sono spesso contagiate da un gusto per la stravaganza che le rende peculiari, suscettibili, a seconda dello spettatore, di subitanea ammirazione o di stranita perplessità. Egualmente facoltosa, è forse la più accogliente e, per così dire, popolare delle tre Città: mitigando l’alterigia di Vestelia e sorridendo dell’arroganza di Canélie, i cittadini di Barrasca sembrano più propensi a godersi la vita e, quando ne hanno l’occasione, ad aiutare gli altri a godersi la propria. Questa provincia ha il maggior numero di giorni festivi di tutta la Repubblica, ed è opinione comune che offra gli svaghi più sfrenati e coinvolgenti: grandi arene sorgono in quasi tutti i centri abitati degni di questo nome, ospitando spettacoli sempre grandiosi ma spesso cruenti, come combattimenti con i tori o tra gladiatori; le feste, anche quelle pubbliche, assumono spesso connotati sregolati e licenziosi. Per quanto pubblicamente parli di questa mancanza di moderazione con un certo disdegno, di fatto non c’è quasi cittadino di Canélie e Vestelia che ogni tanto non intraprenda un viaggio di svago a Barrasca, magari in incognito, per ritemprarsi dalle fatiche del lavoro o dalle preoccupazioni della vita politica. Pur appartenendo di rado all’aristocrazia cittadina, i tennar sono grandemente rispettati in questa provincia, in quanto organizzatori dei migliori divertimenti e delle esibizioni più spettacolari. Oltre al fare baldoria, i Barrascani amano alla follia due cose: la caccia e i duelli; la provincia ha dato i natali ai più illustri maestri d’arme della Repubblica, autori di numerosi trattati e spesso fondatori di proprie scuole in cui anche i rampolli delle altre Città vanno a formarsi, prima fra tutte quella di Francisco Jandrez presso Alcalar [pr. alcalàr]. Barrasca porta sul suo stemma il vivace levriere, in atteggiamento rampante, in colori naturali e in campo d’oro.

I Baroques

I sacerdoti dicono che quando c’è tempesta e il vento trasporta l’odore del mare fin nell’entroterra, può accadere che il respiro di un’infuriata Telea venga soffiato dentro i bambini che in quel momento stanno nascendo. Questi bambini acquisiscono doti e capacità fuori dal comune, ma al contempo si ritiene che siano contagiati dalla natura mutevole della dea: per questo vengono considerati spesso inaffidabili e inadatti a ricoprire le cariche più alte sia del governo che della sfera religiosa o militare, mentre vengono ampiamente impiegati per le missioni più difficili e pericolose, ricevendone magari grandi onori ma nessun potere. Questi individui vengono chiamati Baroques [pr. “baròc”], o Baroque al singolare, dalla parola barrascana “berrueco”, che indica una perla irregolare. Le madri di Margara a volte prendono precauzioni ossessive nel tentativo di facilitare o sventare la nascita di un figlio baroque: infatti, se nelle classi più basse è considerata solitamente una fortuna averne uno, per via degli onori che può facilmente guadagnarsi, nell’aristocrazia mercantile è considerata una sventura, per via dell’interdizione alle cariche pubbliche. Così accade che vi siano donne che pretendono di partorire in mare, su navi, per facilitare il respiro di Telea, o al contrario donne che durante il parto si sigillano in stanze invase da incensi profumati, per tenerlo fuori, e mentre supplicano la dea di aiutarle nel parto la scongiurano anche di non segnare il loro bambino. Mentre questa spiegazione dell’esistenza dei Predestinati è ampiamente condivisa da gran parte della popolazione, i medici e gli alchimisti dell’Università di Esalia sono di diverso parere: essi ritengono che la nascita dei Baroques dipenda dalla posizione della marea in relazione a determinati stati fisici dei genitori al momento del concepimento, e raccomandano alle coppie, a seconda che si voglia favorire o scongiurare l’evento, di assumere determinati cibi, o determinate posizioni nel talamo, che possono variare in relazione al periodo dell’anno.

Livello Tecnologico

La Repubblica ha un livello tecnologico assimilabile a quello dell’Europa occidentale nel XVI secolo. In campo militare si fa uso di corazze di piastra, cannoni e schioppi, oltre che delle più tradizionali e intramontabili armi bianche e da tiro. In campo civile è nota, ad esempio, la stampa a caratteri mobili.

Sentieri

Margara ha Sentieri stabili che la collegano ad Aglavir, Tèrengrat, Hyadzgaar, Belgograd e al Mare degli Incubi.

Storia

Le più antiche testimonianze di civiltà nella regione consistono di piccoli ma pregiati manufatti in oro e argento e, per quanto riguarda la scrittura, brevi invocazioni incise sulla pietra, tese a propiziarsi la pesca: gli studiosi di Margara dibattono ancora sulla precisa datazione di queste tracce. Il primo testo approssimativamente datato, per quanto non integro, è un poema in versi, chiamato “Iseut de Mar”, che narra le avventure di una donna di alto lignaggio, che si trova a viaggiare lungamente per la Regione e a superare molte prove, prima di riuscire a riconquistare il suo castello usurpato; il poema fu scritto tra gli anni 20 e 30 del I secolo dopo la Guerra dei Custodi, e dell’autore, Raimbaut de Noup, si conosce poco più che il nome. “Iseut” testimonia comunque diversi fatti: un sostrato linguistico della regione già formato, nonché già abbastanza simile all’attuale Vaniriano; la presenza di una società organizzata e non priva di una certa raffinatezza culturale, almeno nei grandi centri e nelle corti; la rilevanza già rivestita dalla navigazione e dagli scambi commerciali nella cultura regionale; la presenza di almeno un Sentiero già aperto sul mare, con ogni probabilità quello che tuttora conduce ad Aglavir. Per trovare un altro documento dalla datazione accertata e di qualche rilevanza storica bisogna arrivare all’anno 168: una cronaca dell’epoca racconta i festeggiamenti legati all’apertura di quello che è indicato come il secondo Sentiero della Regione. Le testimonianze dunque restituiscono la storia di una regione che tra il I e il II secolo era unita soprattutto dai frequenti scambi commerciali interni, alimentati anche da quelli esterni che si ampliavano di pari passo con lo sviluppo navale, ma che sostanzialmente era formata da unità amministrative indipendenti, da piccoli feudi a città autonome. La fondazione di Vestelia, Canélie e Barrasca, originariamente villaggi di pescatori, piccoli commercianti e artigiani, risale a questo periodo; si trovano anche le prime tracce di quella che diventerà l’Università di Esalia, in una Scuola finanziata dai notabili della cittadina, che richiamarono a insegnarvi alcuni degli uomini più sapienti del tempo. Anche il potere delle comunità sacerdotali era forte, anche se decentrato, in questi anni. A partire dal III secolo i feudi e le città indipendenti iniziarono a raggrupparsi, in parte per mettere in comune risorse e difese, e in parte perché quelle più grandi iniziarono ad annettere le più piccole, formando pian piano quelle che sono le attuali Province: le posizioni delle tre Città, rispetto ai primi Sentieri aperti, erano talmente favorevoli da farne i tre naturali punti di passaggio di ogni scambio con Regioni esterne, il che ne determinò la fortuna e lo sviluppo commerciale. L’influenza di ciascuna delle tre Città si estese progressivamente, nel corso dei secoli IV e V: Canélie nel 450, Barrasca nel 469 e Vestelia nel 471 erano ciascuna la capitale ufficiale delle attuali Province. In questi secoli nacquero le fucine di Lestonne e le prime, celeberrime scuole venatorie barrascane; le Città nel frattempo erano divenute sempre più splendide e ricche, sotto il governo dei Consigli. La loro potenza era abbastanza equilibrata e l’abbondanza tale da non indurle, ora che i rispettivi confini erano consolidati, a intraprendere scaramucce tra loro. Le comunità di sacerdoti vennero poste ufficialmente sotto il controllo amministrativo dei Consigli di Città, anche se gli Alti Sacerdoti di ciascun culto rimanevano le maggiori autorità spirituali. Era già una prassi consolidata, tra le tre Città, gestire di comune accordo molte delle politiche commerciali con le Regioni esterne, ma la spinta per creare un’effettiva unione politica arrivò solamente nel 581, quando Margara subì un pericoloso tentativo di invasione da parte delle Isole del Mare degli Incubi: l’assalto fu respinto, ma indusse le tre Città a due risoluzioni: il controllo minuzioso dell’ampiezza dei sentieri marini, anche a costo di una piccola riduzione del volume dei commerci, e l’inizio del processo di unificazione: nel 597 fu fondata la capitale Casteldemar, istituito il Consiglio della Repubblica ed eletto il primo Doge, Javier Àlvar Caral, originario di Barrasca; il motto scelto per la Repubblica fu “Ricca in Virtù”. La riforma della casta sacerdotale, che conferì al Doge anche la massima autorità ecclesiastica, risale al 614. Non passò molto tempo prima che i Dogi, uno dopo l’altro, iniziassero ad intendere la loro carica con sempre maggiore ampiezza e autonomia: il Consiglio della Repubblica veniva consultato di rado, e meno ancora i Consigli di Città; le risorse dello Stato erano spesso usate a beneficio della famiglia dell’eletto; il Doge Marco Genone Di Torre arrivò a stabilire nel 773 che la carica diventasse ereditaria. Nell’835 le famiglie dell’aristocrazia mercantile, assicuratesi l’appoggio del popolo, insorsero contro il nipote di Marco, Giuseppe Genone Di Torre, nella giornata che viene ricordata come “la Vampa di Maggio”: Di Torre fu messo a morte e i beni della sua famiglia confiscati. La carica dogale fu ridefinita e controllata con limitazioni severissime, sulle quali i Consigli di Città e quello della Repubblica vigilano da allora con la massima cura; il motto della Repubblica fu cambiato in “Nessun Padrone”. Dalla conclusione di quei fatti sanguinosi, la prosperità di Margara non è stata più seriamente minacciata.

Luoghi d’interesse

Il Nido: Isola boscosa che, secondo la tradizione, è la dimora di Levanta, Custode di Margara; è meta di simbolici pellegrinaggi da parte del Doge o di vari notabili durante alcune cerimonie ufficiali della Repubblica. Ricade sotto l’amministrazione diretta della capitale Casteldemar. Castello di Rueca, detto “de los Bojos”, ossia “dei Pazzi”: Nella Provincia di Barrasca, è un castello che si dice infestato da fantasmi; attorno al secolo III fu teatro di fatti sanguinosi che distrussero la famiglia dei signori di Rueca e influenzarono negativamente molte delle zone circostanti. Al momento è disabitato: i suoi attuali proprietari non se ne disfano perché si dice che perfino cercare di liberarsene porti sfortuna. Cerchio di Orella: Nella provincia di Vestelia, è una radura in cui sorge un cerchio di sette pietre che riportano ciascuna un simbolo riconducibile a uno degli dèi di Margara. La datazione di queste pitture è incerta, ma di certo sono molto antiche: di fatto è la prima testimonianza del culto della Regione. I sacerdoti considerano il Cerchio di Orella il luogo della prima rivelazione divina e ogni anno vi tengono particolari celebrazioni. Bosco di Noidré [pr. nuadré]: Nella provincia di Canélie, questo bosco nella prima metà del IV secolo fu rifugio della più pericolosa banda di briganti che la Regione ricordi, capitanata da Etoile “l’Ourse du Bois”. La banda fu sgominata dopo aver imperversato per quasi vent’anni, e la tradizione vuole che gli spiriti dei briganti trucidati continuino ad abitare la foresta: alcuni reincarnandosi negli animali e conferendo loro vita innaturalmente lunga e intelligenza superiore, altri sotto forma di spettri, altri addirittura nella vegetazione che si rivelerebbe particolarmente ostile verso i viandanti.

Personalità

Alisea Margherita Faro

Dogaressa di Margara, di razza umana. Ci si rivolge a lei anche con i titoli “Serenissima Principessa” e “Vostra Altezza”. Alisea, nativa di Vestelia, era la candidata ideale della famiglia Faro per soffiare il dogato alla famiglia rivale degli Chaveaux di Canélie, nel 1330: aveva 23 anni, era ben istruita e aveva già conseguito alcune vittorie politiche nel Consiglio della Repubblica. Le voci sostenevano che non desiderasse la carica, dato che avrebbe preferito di gran lunga poter continuare ad avere un ruolo attivo, più che rappresentativo, nel governo della Repubblica, ma le esigenze familiari ebbero la meglio. Alisea è considerata impeccabile nei suoi doveri ufficiali, ma si dice che sia autoritaria ed esigente nei pochi momenti di vita privata che le sono concessi; la sua famiglia ha guadagnato grande lustro con la sua ascesa, ma lo mantiene a caro prezzo perché Alisea pretende di essere circondata da uno sfarzo notevole, che però si guarda bene dal mettere in conto alle casse dello Stato. Nel 1332 ha sposato Iago Armando Mendez, dell’aristocrazia barrascana, e ha due figli, Diletta Margarida e Iago Alejandro.

Marco Antonio Arata

Signore di Vestelia, di razza egys. Ci si rivolge a lui anche col titolo di “Vostra Signoria”. La sua elezione risale al 1321, quando aveva 29 anni, ed ormai il suo ruolo di guida è consolidato. Marco è un uomo dall’aspetto bonario, che sa influenzare i suoi collaboratori più con l’affabilità che con il pugno duro, ed è in effetti un persuasore che raramente fallisce. E’ sposato con Veronica Alba Ballarin, dama famosa per i suoi raffinati salotti letterari, ed è padre di un figlio ventenne, Antonio Vestelio, desideroso di entrare nel Consiglio di Città.

Geneviève Désirée Blanchard

Signora di Canélie, di razza umana. Ci si rivolge a lei anche col titolo di “Vostra Signoria”. Eletta appena nel 1336, a soli 21 anni, è stata una giovane Consigliera entusiasta e volitiva e non si sta smentendo ora che è Signora della Città. Ha ricevuto un addestramento militare e intorno ai 17 anni sembrava destinata ad una carriera da ufficiale, ma improvvisamente ha preferito la politica; di quell’addestramento le è rimasto, nell’abbigliamento che pure è quello adatto a una dama, una certa sobria praticità rispetto a molte sue concittadine. I suoi rapporti con le milizie sono rimasti ottimi e sembra intenzionata, durante il suo mandato, ad affrontare di petto il dilagare della criminalità organizzata, che il suo predecessore negli ultimi anni aveva negligentemente lasciato prosperare anche più di quanto le tradizioni caneliane consentissero.

Felip Barrasco Rovira

Signore di Barrasca, di razza umana. Ci si rivolge a lui anche col titolo di “Vostra Signoria”. Eletto nel 1328, a 26 anni, con l’improvviso ritiro del suo avversario: le malelingue dissero, al tempo, che Felip aveva minacciato il contendente di sfidarlo a duello, se gli avesse soffiato la carica. In effetti, in pochi avrebbero desiderato un duello all’arma bianca con Felip, al tempo del suo vigore giovanile: era uno dei più promettenti allievi di Francisco Jandrez. Tuttavia, gli anni e i vizi l’hanno reso molto meno pericoloso con la spada in mano. Nonostante le pressioni della famiglia, Felip ha sempre rifiutato di sposarsi, preferendo apertamente le cortigiane. Il suo governo alterna momenti in cui si mostra fin troppo autoritario e tenta di ingerire nelle competenze del Consiglio, ad altri in cui preferisce disinteressarsi completamente della vita pubblica.

Maryse Bigand

Rettrice dell’Università di Esalia, di razza egys. E’ una signora dall’aspetto rassicurante e impeccabile e dalle notevoli doti come insegnante di lingue e tradizioni straniere. Sia il fatto che sia nativa di Canélie che il suo campo d’insegnamento le procurarono non poche invidie e maldicenze quando ottenne il seggio di Rettrice, nel 1325, all’età di 36 anni; infatti, anche se nessuna regola scritta lo impone, per consuetudine il ruolo è destinato ai Vesteliani, e in particolare ai Vesteliani che insegnino nel campo del diritto, dell’alchimia o della medicina. Nonostante questi intoppi sulla sua strada, Maryse regge l’Università ormai da anni con un pacato sorriso e un’infrangibile fermezza.

Alain “le Chat” Denis

Di razza nymal. Sulla carta, Alain Denis non è degno di nota: un portuale qualunque, che ha fatto lavoretti di ogni tipo, e sempre con scarsa voglia. Tutti però sanno che Alain le Chat, ormai quasi trentenne, è da anni il vertice indiscusso di tutto il Mitan; chi vuole fare qualcosa di grosso a Canélie deve passare da lui, o da un suo fidatissimo. E’ noto per essere un ottimo rissatore, anche se è da molto tempo che nessuno osa più metterlo alla prova in questo campo; negli ultimi anni ha allargato i suoi traffici e la sua influenza dove i suoi predecessori non erano mai arrivati, grazie al lassismo del precedente Signore della Città. Tutti sanno che fa coppia fissa con Ninon Fabre, una giovane nymal che è meglio non infastidire quando ha uno schioppo in mano.

Leandro “Leo” Vidal

Di razza tennar. Leandro ha iniziato la sua carriera lavorando come sguattero e tuttofare nelle arene che organizzavano battaglie navali: adesso, all’età di soli 24 anni, è l’organizzatore di feste più ricercato di Barrasca. Le sue idee sono sempre più originali, sempre più inimmaginabili, finché lui non solo le immagina ma le realizza, condendole immancabilmente con fiumi di ottimo vino e con la giusta compagnia. Tutti coloro che possono permetterselo - e anche parecchi che in realtà non potrebbero - si rivolgono a lui quando hanno bisogno di fare le cose davvero in grande. In pubblico, Leo si fa vedere ogni giorno con un accompagnatore diverso, senza fare particolari distinzioni di razza, anche se le malelingue dicono che in realtà, nel privato, faccia coppia fissa con un certo Pablo Lozano.

Nomi tipici

La matrice linguistica di riferimento è quella delle lingue romanze, in particolare italiano per Vestelia, francese e provenzale per Canélie, spagnolo e catalano per Barrasca. I nomi da donna più diffusi sono: Margherita (anche nelle forme caneliane Marguerite e Margaret, o barrascane Margarita e Margarida e nelle forme abbreviate Rita e Margot), che è considerato un omaggio alla Repubblica e un buon augurio per la bambina perché sia bella e pura come una perla; con lo stesso senso viene usato anche Perla; Teleide (anche nelle forme caneliane Téleïde e Téléis o in quella barrascana Teleida), in omaggio alla dea del mare; molto usato in questo senso anche Marina (anche nella forma caneliana Marine); altri esempi sono Beatrice, Aliénor, Isabel, Azalaïs, Joana, Blanche, Alamanda, Bieiris, Garsenda. E’ comune dare agli uomini nomi come Vestelio, Canélois o Barrasco, a seconda della loro provincia di nascita; è diffuso anche Genone, o il caneliano Génon, in onore di Geno; altri esempi sono Étienne, Andrea, Fernando, Alvise, Javier, Henri, Bertran, Gui, Arnaut, Ramon, Ademar, Granet, Matieu, Jaufré, Ruggero. E’ comune l’uso del cognome in tutte le classi sociali, e tra le famiglie di ceto più elevato è usanza assegnare ai figli almeno due, quando non tre nomi propri.

Detti popolari

“Se il Doge avesse i remi sarebbe l’Ammiraglia”: fai sempre i conti con le risorse che hai effettivamente a disposizione. “Non guardare il colore della perla”: non perdersi nei particolari. “La speranza si lascia ai poveri”: per fare fortuna bisogna darsi da fare. “Per fare la dama vesti di seta”: comportati sempre in maniera appropriata al contesto in cui ti trovi. “Duellare col Barrascano”: mettersi in una situazione pericolosa. “Ricevere la dote della racchia”: fare fortuna. “Navigano tutti col vento in poppa”: non c’è merito nel riuscire in un’impresa troppo facile. “La donna di Vestelia scioglie il cuore e la borsa”: riferimento sia al fascino delle Vesteliane che alle alte pretese che hanno in fatto di doni dai propri spasimanti. “Giocare a dadi nel porto di Canélie”: farsi truffare, comportarsi da gonzo.

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