NOTA FUORI GIOCO: I personaggi giocanti della Campagna Vaniria non hanno assistito di persona ai fatti contenuti in questa narrazione, che ha lo scopo di farvi entrare nell'atmosfera della regione di Vadreen, più che di comunicare effettive informazioni.
Approfittiamo dell'occasione per annunciarvi che, grazie al nostro alacre webteam, ora la "wikipedia" di Vaniria non è più su un link esterno, ma è direttamente integrata nel nostro bellissimo sito. Eccola qui: www.grvitalia.net/grvitawiki
Ed ora, buona lettura!
***
Gli ultimi raggi di sole della giornata filtrano dorati tra le fitte chiome degli alberi sovrastanti la palude; i pochi che riescono a schivare gli intrecci di liane e tronchi ricoperti di soffice muschio, fino a giungere al terreno melmoso, sono comunque troppo deboli per sciogliere il ghiaccio che sta cominciando a formarsi.
L’inverno a Vadreen non è mai lungo, ma è cattivo come un alligatore affamato, ti morde in profondità fino a spezzarti le ossa, uccidendo i piccoli e i deboli e rubando la speranza dagli occhi di chi è abbastanza forte da sopravvivere; forse perchè nella palude non si è mai davvero esposti al sole, né si è mai davvero asciutti. L’umidità impregna i vestiti e i capelli di ogni creatura che vive nel suo oscuro grembo, dal giorno in cui ne emerge a quello in cui torna a farne parte. Non è una vita facile quella dei Naras: un tempo forse lo è stata, ma ora, relegati nei peggiori acquitrini della regione, l’inverno riesce a renderla quasi insopportabile.
Questo e altri pensieri affollano la mente della vecchia Aimana, mentre con una mano stringe lo spesso scialle color polvere e con l’altra regge un grosso cestino pieno di erbe profumate e radici dalle forme peculiari.
Da tutto il giorno raccoglie il necessario per i suoi impiastri e i suoi riti e un occhio esperto potrebbe riconoscere, tra i frutti del suo bottino, il necessario per produrre unguenti salvifici tanto quanto distillati di morte. Il figlio di Dinara è nuovamente malato di una strana tosse che gli fa sputare grossi grumi di muco verde: bisogna trovare un rimedio o non vedrà una nuova estate, e se non si trova… non è un lavoro per i deboli di cuore quello di un Erborista Nero dei Naras.
Nel suo vagare incessante è giunta fino al limitare della palude, fino al confine della terra degli uomini. Sa che è pericoloso essere lì, una guardia zelante potrebbe vederla dalle mura della città e ucciderla per semplice diletto. Ma Aimana non riesce a trattenersi, vuole solo sedersi un po’ ad osservare i preparativi di quella che sembra una grande festa. Tutti nella palude ne parlano: gli uomini hanno invitato gli stranieri, arriveranno a breve e i Creatori hanno ordinato che la città venga tirata a lucido, che banchetti siano allestiti e che un ballo venga organizzato. Quindi carri pieni di derrate alimentari si affollano all’ingresso delle mura, creando un chiassoso viavai, e musici provenienti da chissà dove si esercitano con strumenti che la vecchia Aimana non ha mai udito in tutta la sua vita. Il tutto emana una sorta di gioia e calore, che scalda il cuore e fa affiorare un sorriso anche sulle più rigide della labbra; ed è questo che la attira, quella sorta di calore che viene da dentro e che è così raro tra la sua gente.
“Certo l’inverno è molto diverso per loro, non trovi Aimana?” commenta gretta la voce alle sue spalle.
“Di nuovo tu? Cosa vorresti insinuare? Che loro siano meglio di noi?” Aimana aguzza lo sguardo adocchiando una dama, con vestiti sfarzosi e uno strettissimo corsetto, che fa la svenevole con una grassa guardia al cancello.
“No Aimana, lo sai benissimo che non è quello che penso… che pensiamo. Dico solo che se la rivolta…” Aimana ficca una mano nel cestino tirando fuori una manciata di steli secchi e, con perizia, comincia a ripiegarli.
“Se… se… se... Se la rivolta fosse andata bene. Se l’uomo non avesse scoperto le Lacrime Rosse trovando Vadreen così attraente. Se noi non fossimo stati così deboli, o sciocchi… se avessimo visto il pericolo arrivare.” A ogni “se” la vecchia piega con fare stizzito i rametti formando un braccio, poi una testa, realizzando una gamba e bloccandola con un filo d’erba particolarmente robusto in modo che non si smonti. Finisce tutti gli arti e poi rimira il suo lavoro con una certa soddisfazione, le sue mani sono diventate nodose e artritiche ma ci sa ancora fare. Basterà aggiungere gli unguenti giusti e la bambola potrà fare grandi cose, come sempre.
“Comunque è una storia più vecchia di me, è inutile continuare a recriminare. Alimenta solo il malcontento e i discorsi violenti tra i giovani… non può portare a niente di buono… quindi smettila di ripeterlo!” riprende con fare quasi piagnucolante.
“Oh Aimana, sai che non posso, non possiamo, non sarebbe...naturale, sono qui solo per questo, io sono sempre stato qui per questo.” Un ghigno trasuda da queste parole, ineffabile e tagliente.
“Lo senti il calore Aimana? Un tempo era vostro, e se potesse esserlo ancora? Certo alcuni vi sorridono e vi tirano tozzi di pane, come si fa con un randagio malconcio all’angolo di una strada. Forse col tempo potrebbero considerarvi addirittura animali domestici. Ma il tempo, Aimana, è un lusso per pochi, sicuramente non qualcosa di cui tu potrai pascerti ancora a lungo. Non vorresti provare quel calore ancora una volta prima di andartene? Basterebbe così poco…”
Aimana rabbrividisce, a star ferma le si stanno congelando i piedi.
“E se dovesse succedere ancora? Se la storia dovesse ripetersi? Lo ammetti anche tu che non sono stati male negli ultimi anni, se vai a fare il conto dei morti probabilmente ne abbiamo fatti più noi, forse non servirà troppo tempo prima che imparino ad apprezzarci… Se si dovesse intraprendere di nuovo lo stesso percorso invece, non so quanto a fondo rischieremmo di andare… di nuovo…” La fronte corrucciata forma una ragnatela di rughe, solchi profondi quanto la memoria stessa di Vadreen, ognuna carica della preoccupazione pura che solo chi ha vissuto tanti anni può assaporare.
“Mia cara Aimana, sai benissimo quanto a fondo stiamo già andando… fino al centro della terra stessa, al cospetto di Samanos… a rivendicare ciò che è, era e deve essere solo nostro.”
Aimana, scossa da un sussulto, si gira di scatto scrutando le ombre della palude, si sta facendo troppo buio e i suoi occhi non sono più buoni come una volta. È tempo di tornare...
RdI - Il seme della discordia - Narrazioni
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Re: RdI - Il seme della discordia - Narrazioni
A voi la nuova narrazione dell'evento "Racconto d'Inverno - Il Seme Della Discordia"
Buona lettura!
***
Akimas odiava le notti di pioggia, odiava l’umidità che grondava dalle pareti ed odiava quei
pazzi Belgogradiani che un giorno avevano ritenuto una buona idea insediarsi in quel luogo.
Si affrettò a chiudere la porta della sua bottega e a spegnere la lampada a Saros posta
sopra l’uscio per illuminare l’insegna. Non vedeva l’ora di arrivare alla taverna per bere un
po’ di birra in santa pace e fare due chiacchiere con gli amici. Era stata un giornata lunga,
molte nobili donne di Kalnas, avendo saputo dell’imminente arrivo dei Predestinati delle altre
regioni, lo avevano vessato con futili richieste di sacchettini di erbe profumate per adornare
le loro case.
Stupide galline, figurarsi se i Daleko belgogradiani avrebbero perso anche solo un minuto
del loro prezioso tempo per prendere il tè in qualche salotto snob pieno di merletti e
sacchettini odorosi.
Erano questi i pensieri che lo accompagnavano mentre proseguiva, a capo chino, verso la
Teiera Fumante. Quando giunse finalmente in vista della porta scrollò il capo e decise di
smetterla di rimuginare e di godersi il tepore della locanda e l’allegro vociare dei convenuti.
La stanza però era inusualmente silenziosa, una sorta di tensione impregnava l’aria. Tutti gli
astanti stavano ammucchiati attorno ad un tavolino ascoltando attoniti i racconti di un uomo.
Dal modo in cui biascicava, Akimas sospettò che fosse già alla quinta o sesta pinta di birra,
ma lo colpì il tono mortalmente serio della narrazione, così inadatto ad un ubriaco da
taverna.
“...m o r t o , stecchito! Ve lo giuuuro! Stavamo andando a caccia di rane, quelle piccole eh,
non quelle grosse, quelle buone fritte; eravamo non molto distanti dalla Tomba degli
Alligatori quando all’improvviso ZAC!” l’uomo bevve un’altra lunga sorsata di birra e ruttò
fragorosamente quasi a voler sottolineare l’attimo di pathos nella sua storia. “Ecco che da
dietro un albero salta fuori una ragazzetta Naras di circa vent’anni. Una mezza vipera, faccia
squamosa e pupilla verticale incluse! Noi salutiamo educatamente e proseguiamo per la
nostra strada, come bisognerebbe sempre fare con questi selvaggi. Noi non infastidiamo
loro e loro non dovrebbero infastidire noi!” La mano sbattuta con forza sul tavolo provocò un
mezzo terremoto, il castello di boccali vuoti crollò al suolo. “E invece lei comincia a sbavare
e a parlare da sola, dopodichè imbraccia l’arco e SDENG, Abraomas cade stecchito al mio
fianco.” L’uomo cominciò a piangere fragorosamente soffiandosi il naso con la manica della
camicia e bofonchiando qualcosa a proposito di una fuga a rotta di collo nella palude.
L’interesse della folla scemò velocemente e molti tornarono ai propri tavoli chiacchierando a
mezza voce.
Akimas potè udire qualche commento, alcuni sostenevano che Abraomas fosse fuggito con
la moglie di uno speziale e che avesse pagato alcuni Kalnassiani per spargere in giro la
voce della sua morte, altri affermavano che, in effetti, ultimamente erano stati riportati
numerosi casi di attacchi da parte di Naras e che molte delle storia a riguardo narravano di
comportamenti inusuali, bava, frasi sconclusionate e comportamenti ferali.
Fandonie e dicerie, pensò Akimas tra sé e sé, dal primo giorno in cui gli umani avevano
messo piede in quell’ acquitrino sforna Saros avevano cercato ogni scusa buona per
liberarsi dei Naras, quello che non ci voleva era un’altra rivolta che avrebbe portato ad
arruolamenti forzati...e a guerriglia...nella palude...all’umido, un brivido gli percorse la
schiena al solo pensiero, trangugiò la sua birra e cercò un tavolo a cui giocare a qualcosa
per togliersi dalla testa quei funesti pensieri.
Buona lettura!
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Akimas odiava le notti di pioggia, odiava l’umidità che grondava dalle pareti ed odiava quei
pazzi Belgogradiani che un giorno avevano ritenuto una buona idea insediarsi in quel luogo.
Si affrettò a chiudere la porta della sua bottega e a spegnere la lampada a Saros posta
sopra l’uscio per illuminare l’insegna. Non vedeva l’ora di arrivare alla taverna per bere un
po’ di birra in santa pace e fare due chiacchiere con gli amici. Era stata un giornata lunga,
molte nobili donne di Kalnas, avendo saputo dell’imminente arrivo dei Predestinati delle altre
regioni, lo avevano vessato con futili richieste di sacchettini di erbe profumate per adornare
le loro case.
Stupide galline, figurarsi se i Daleko belgogradiani avrebbero perso anche solo un minuto
del loro prezioso tempo per prendere il tè in qualche salotto snob pieno di merletti e
sacchettini odorosi.
Erano questi i pensieri che lo accompagnavano mentre proseguiva, a capo chino, verso la
Teiera Fumante. Quando giunse finalmente in vista della porta scrollò il capo e decise di
smetterla di rimuginare e di godersi il tepore della locanda e l’allegro vociare dei convenuti.
La stanza però era inusualmente silenziosa, una sorta di tensione impregnava l’aria. Tutti gli
astanti stavano ammucchiati attorno ad un tavolino ascoltando attoniti i racconti di un uomo.
Dal modo in cui biascicava, Akimas sospettò che fosse già alla quinta o sesta pinta di birra,
ma lo colpì il tono mortalmente serio della narrazione, così inadatto ad un ubriaco da
taverna.
“...m o r t o , stecchito! Ve lo giuuuro! Stavamo andando a caccia di rane, quelle piccole eh,
non quelle grosse, quelle buone fritte; eravamo non molto distanti dalla Tomba degli
Alligatori quando all’improvviso ZAC!” l’uomo bevve un’altra lunga sorsata di birra e ruttò
fragorosamente quasi a voler sottolineare l’attimo di pathos nella sua storia. “Ecco che da
dietro un albero salta fuori una ragazzetta Naras di circa vent’anni. Una mezza vipera, faccia
squamosa e pupilla verticale incluse! Noi salutiamo educatamente e proseguiamo per la
nostra strada, come bisognerebbe sempre fare con questi selvaggi. Noi non infastidiamo
loro e loro non dovrebbero infastidire noi!” La mano sbattuta con forza sul tavolo provocò un
mezzo terremoto, il castello di boccali vuoti crollò al suolo. “E invece lei comincia a sbavare
e a parlare da sola, dopodichè imbraccia l’arco e SDENG, Abraomas cade stecchito al mio
fianco.” L’uomo cominciò a piangere fragorosamente soffiandosi il naso con la manica della
camicia e bofonchiando qualcosa a proposito di una fuga a rotta di collo nella palude.
L’interesse della folla scemò velocemente e molti tornarono ai propri tavoli chiacchierando a
mezza voce.
Akimas potè udire qualche commento, alcuni sostenevano che Abraomas fosse fuggito con
la moglie di uno speziale e che avesse pagato alcuni Kalnassiani per spargere in giro la
voce della sua morte, altri affermavano che, in effetti, ultimamente erano stati riportati
numerosi casi di attacchi da parte di Naras e che molte delle storia a riguardo narravano di
comportamenti inusuali, bava, frasi sconclusionate e comportamenti ferali.
Fandonie e dicerie, pensò Akimas tra sé e sé, dal primo giorno in cui gli umani avevano
messo piede in quell’ acquitrino sforna Saros avevano cercato ogni scusa buona per
liberarsi dei Naras, quello che non ci voleva era un’altra rivolta che avrebbe portato ad
arruolamenti forzati...e a guerriglia...nella palude...all’umido, un brivido gli percorse la
schiena al solo pensiero, trangugiò la sua birra e cercò un tavolo a cui giocare a qualcosa
per togliersi dalla testa quei funesti pensieri.
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Re: RdI - Il seme della discordia - Narrazioni
[Come promesso, non avendo potuto giocare l'ultimo giorno dell'evento, ecco cosa è successo alla fine della vostra permanenza nella (ridente) Vadreen!]
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Mastro Šuo, vi scrivo io stesso, non potendo aspettare che leggiate i resoconti, per narrarvi le cose che ho visto accadere vicino agli accampamenti stranieri, presso Kalnas. Voi forse avete già saputo che lì vicino era stata trovata una catacomba naras, e che durante la loro permanenza i Predestinati vi sono entrati a più riprese, su istigazione di Arturas Katraus - che le sue riserve di saros vadano perdute, incidentalmente - per cercare di aprire la porta sul fondo, che era sigillata.
A dire il vero i Predestinati, col passare dei giorni, si facevano sempre più sospettosi riguardo a queste catacombe e al motivo per cui avrebbero dovuto aprirle, essendosi figurati le più ardite teorie su cosa ci sarebbe stato dietro quella porta, ma vi confesso che io avrei preferito (quasi) qualunque loro teoria a quello che effettivamente ci è stato trovato.
Per andare con ordine, comunque, gli stranieri, nonostante diverse perplessità, sono riusciti dopo alcuni giorni a capire la giusta sequenza in cui le chiavi - così essi chiamavano alcune graziose gemme colorate che avevano reperito nel corso delle spedizioni - dovevano essere posizionate sul pannello che controllava la porta sigillata. A onor del vero, questa parte non sarebbe stata possibile senza l’aiuto di Bartok: ora vi spiegherò chi è costui, o almeno chi dice di essere, e lo so, lo so, Mastro Šuo, che queste storie di spiriti e possessioni sono per i bambini (quelli non troppo svegli), ma vi riferisco solo quello che mi è stato detto. Ogni giorno, dentro il sotterraneo, c’era una persona diversa che asseriva di chiamarsi Bartok e di essere il Naras che costruì le catacombe: in pratica, lo spirito di questo Bartok avrebbe posseduto ogni giorno un passante diverso. Egli asseriva di essere lì da secoli, perché ai tempi in cui i Naras diedero fuori di matto la prima volta - proprio come stanno facendo ora - lui era uno dei più tranquilli e provò a convincere gli altri a non fare un eccidio. Ebbene, sapete come va quando ci sono molti che vogliono menare le mani e uno che vuole fermarli: infatti io non mi metto mai in mezzo a niente. In sostanza lo chiusero nelle catacombe a morire, ma il suo fantasma cominciò a infestarle. A onor del vero, questo… o dovrei dire questi Bartok conoscevano le catacombe davvero bene, e i loro ricordi sembravano coincidere perfettamente… non che io la prenda come una prova della veridicità della loro storia, ve l’assicuro! Ma era per dire, una buona allucinazione collettiva, davvero ben riuscita.
Comunque sia, quando finalmente ebbero tutte le chiavi e la loro giusta successione, gli stranieri si radunarono tutti quanti - temevano infatti che dalla porta sigillata sarebbe fuoriuscita qualche creatura ancestrale perigliosissima - e con Bartok - il Bartok di quel giorno - emozionatissimo procedettero ad aprire la porta. Io, un po’ timoroso, mi tenni a poca distanza, dietro di loro. Non capimmo subito, né loro, né io, né Bartok: era pieno di sacchi, casse, e ancora sacchi, una quantità smodata nella grande cavità sotterranea dietro la porta, e tutti le contemplavamo perplessi, in silenzio. Quindi, qualcuno parlò.
“Saros,” sentii bisbigliare, e ci volle meno di un attimo perché il bisbiglio diventasse un grido di allarme, perché ammucchiata in quella volta naturale, proprio sotto Kalnas, c’era una quantità tale di saros da far deflagrare l’intera città, e abbiamo sentito l’inequivocabile odore di qualcosa di acceso e uno sfrigolio terribilmente sospetto - come di una miccia. Non sono fuggito, Mastro Šuo, ma se devo dire la verità è solo perché ero troppo terrorizzato perfino per scappare, e anche perchè comunque non ce l’avrei mai fatta a correre abbastanza lontano in tempo. Come in un sogno ho udito Bartok cadere in ginocchio esclamando: “Di nuovo! Di nuovo la follia che sale dalla terra ha spinto la mia gente ad uccidere!” Dopo il primo sbigottimento, invece, gli stranieri hanno cominciato a organizzarsi, o comunque ad agire come se fossero già perfettamente organizzati: alcuni sono partiti come cani da caccia a cercare le micce, i più grossi hanno iniziato a spostare casse correndo a portarle all’esterno, mentre altri si sono precipitati verso l’accampamento e le porte della città, per dare l’allarme. Io sono stato spinto verso l’esterno e a quel punto non mi è rimasto che attendere trepidante, per vedere se gli stranieri sarebbero riusciti a compiere questa impresa disperata. Dopo qualche minuto li ho visti correre tutti fuori, agitando le braccia e gridando “A terra! A terra!” E in effetti si sono gettati a terra coprendosi il capo. Ho sentito un gran fragore, la terra ha tremato e ho visto - non me lo dimenticherò finché vivo - un gran bagliore esplodere a nord, dentro le mura di Kalnas. Quindi un fumo denso è uscito dall’ingresso delle catacombe, e poi è crollato tutto.
Gli stranieri si sono contati, sembra fossero tutti ancora interi, per quanto pieni di calcinacci e polvere e fango. Qualcuno di loro piangeva, e quando mi avvicinavo ai loro capannelli li sentivo invocare tristemente il nome di Bartok:
“Povero Bartok,” dicevano “Si è sacrificato per tutti!”
“A un certo punto ci ha detto che non ce l’avremmo mai fatta a farmare tutto, che avrebbe fatto lui quello che poteva…”
“Si è inoltrato tra i sacchi di saros in cerca della miccia più grossa…”
“Il suo spirito non può più tornare perché il corpo ospite è morto fuori dalla catacomba che lo proteggeva…”
“Ha detto che non avrebbe permesso che succedesse come quando era vivo, che anche allora non era colpa dei Naras ma delle voci…”
E, volgendo lo sguardo su Kalnas e sul fumo nero che ancora si alzava da un punto dentro le mura, dicevano anche che probabilmente Bartok ce l’aveva fatta a spegnere almeno la miccia principale, o Kalnas sarebbe stata rasa completamente al suolo a quel punto, e non solo mezzo quartiere.
Nel frattempo dalla porta della città uscivano cittadini spaventati, accompagnati da quei Predestinati che erano corsi a dare l’allarme, e parlando con qualcuno di loro ho capito che più d’uno si sarebbe trovato proprio nel quartiere dell’esplosione, se non fosse stato avvertito proprio all’ultimo istante.
Il resto l’avrete già saputo, Mastro Šuo. Non si può dire che sia andato tutto bene, ma vi assicuro che sarebbe potuta andare molto peggio se gli stranieri non avessero aperto la porta. Ora speriamo solo che la vecchia Naras abbia ragione e che il rito plachi una volta per tutte la follia dei nymal.
Dubito ci siano riti adeguati per placare la follia di Sua Eccellenza il Consigliere Katraus, invece. A questo proposito…
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Gli stranieri erano ancora qui quando è scoppiato lo scandalo: erano giorni che Arturas Katraus insisteva con strane richieste e sviava il discorso quando si trattava di capire le sue motivazioni. Perfino loro, non troppo avvezzi alle… manovre tipiche delle nostre terre, si sono insospettiti, e hanno iniziato a mettere insieme i pezzi. E’ venuto fuori che Arturas cercava disperatamente di far passare sotto silenzio gli effetti devastanti di una congiura ordita dal padre, il Consigliere Erikas Katraus, ai danni dei Naras ma anche della città di Kalnas.
Andiamo con ordine: cosa pensa la famiglia Katraus dei Naras lo sappiamo tutti. Il Consigliere aveva in animo di indurre il Consiglio dei Creatori ad approvare una legge che alleggerisse sensibilmente le pene per l’omicidio dei nymal, “se motivato”. Vi assicuro che a volte penso che non sia un’idea tanto malvagia, se almeno fossero un po’ meno sporchi… ma mi rendo conto che sarebbe stata una legge forse eccessiva. In ogni caso, per indurre gli altri oligarchi a più miti consigli in merito, Katraus ha ben pensato di tendere una trappola agli uomini-rana: ha trovato la mappa delle vecchie catacombe, ha capito che davano su una caverna proprio sotto la capitale, ha contattato qualche giovane perditempo naras - di quelli noti per essere dei facinorosi - e fingendosi simpatizzante della causa gli ha fornito tutta la documentazione, e anche qualche suggerimento buttato lì. Katraus contava sul fatto che i nymal avrebbero cercato di preparare qualche attentato ai danni del Palazzo del Consiglio: lui avrebbe potuto sventarlo e al contempo mostrare a tutti quanto gli uomini-rana siano pericolosi, imprevedibili, nemici dell’ordine pubblico! Solo che i nymal - resi più aggressivi dalle voci, o così dicono - hanno pensato che il Palazzo del Consiglio fosse troppo poco, e di far saltare in aria l’intera Kalnas, e come se non bastasse i piccoli, viscidi assassini hanno trovato il modo di sigillare la porta, in modo che né Katraus né altri potessero andare a sventare l’attentato. Ecco perché suo figlio si dava tanto da fare perché gli stranieri capissero come aprire la porta in fondo alle catacombe! Certo, lui sperava che, una volta capito, si limitassero a riferirglielo, in modo che gli scagnozzi del padre potessero rimettere tutto in ordine senza scalpore, ma purtroppo per lui la congiura è stata scoperta prima. Dovevate vederlo, il figlio di papà, con che sussiego guardava tutti dall’alto in basso, mentre le guardie cittadine lo portavano via per interrogarlo! Credo che per un momento abbia anche pensato di fare una scenata, l’ho visto misurare la distanza fra sé e la sputafuoco di una guardia… ma le facce delle decine di Predestinati intorno a lui devono averlo ricondotto a più miti consigli.
Dopo poche ore hanno arrestato Erikas Katraus.
A quel punto, il Consiglio dei Creatori ha convocato di corsa una seduta straordinaria e ha estromesso la famiglia Katraus: i ben informati dicono che anche Petras Jokubas sapesse della congiura e che si sia comprato il perdono degli altri Consiglieri con il suo voto contro i Katraus, senza il quale non li si sarebbe potuti escludere legalmente dal Consiglio. Naturalmente, dopo questo episodio, del fantomatico matrimonio tra Arturas Katraus e Leja Jokubas non si è più fatta menzione.
Adesso c’è un posto vuoto in Consiglio e le famiglie minori sono già in fermento per assicurarselo: prevedo un periodo molto movimentato nella politica di Vadreen. Sono quasi lieto di essere un semplice cronista, con un normalissimo salario utile a mantenere la famiglia e procurarsi qualche svago! In questo momento, essere ricco in questa regione può voler dire doversi difendere da troppi coltelli nella schiena.
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Aimana osservava la scena dal fitto della palude. Anche il terzo gruppo di Predestinati era in posizione. L’alchimista era stato bravo a spiegar loro come preparare i filtri, dall’odore che i calderoni avevano emanato per tutta la mattina i funghi sacri sembravano cotti a puntino.
Si erano divisi in gruppi omogenei, era strano vederli collaborare sapendo la frequenza con cui si facevano guerra nelle loro terre.
Tre femmine di varie regioni cominciarono a cantilenare una strana nenia e altri partecipanti al rito mimarono sacrifici e uccisioni rituali; Aimana sghignazzò sotto i baffi: erano buffi, ma d’altro canto probabilmente la sua gente sembrava loro altrettanto buffa da centinaia di anni... ci vuole autoironia nella vita, soprattutto nei periodi più bui.
Un uomo alto e magro, con addosso molte pellicce, versò il filtro sull’antico albero morto che i Predestinati avevano scelto come rappresentazione delle ferite di Samanos; Aimana apprezzò la destrezza e la precisione con cui l’umano non sprecò nemmeno una goccia del prezioso liquido.
La voce nella sua testa urlava insulti e imprecazioni come mai prima: era lieta di liberarsene, cominciava a essere un inquilino fastidioso.
Il rito era concluso, ora bisognava solo attendere: da centinaia di anni questa cerimonia leniva la sofferenze del Custode, ed ora avrebbe lenito anche la follia del suo popolo. Seguì a distanza i Predestinati che tornavano al loro accampamento, li sentì ridere e discorrere, potevano sembrare allegri, ma anche un cieco avrebbe notato la tensione nelle loro spalle o la frequenza con cui si guardavano intorno per vedere se qualcosa mutava.
Quindi, all’improvviso, un boato terribile squarciò l’aria. Il suolo tremò, vittima di un sussulto che veniva dal cuore stesso della terra. Le chiome degli alberi sembrarono voler toccare gli acquitrini e gli animali della palude fuggirono in ogni direzione, terrorizzati e confusi. L’acqua degli stagni abbandonò il suo consueto stato di stasi riempiendosi di bolle e le polle di saros schizzarono gelatina rossastra in ogni dove.
Poi, così come era cominciato, si quietò.
“Addio, vecchio amico, spero di non sentirti così agitato mai più!” Esclamò Aimana ghignando, dando un una pedata al terreno melmoso; lanciò un’ultima occhiata agli stranieri che si rialzavano dopo la scossa: sembravano illesi, e Aimana fece un cenno di saluto che nessuno avrebbe visto.
“Bravi ragazzi. Strambi... ma bravi!” Dopodiché si allontanò nella palude canticchiando.
Molto lontano da lì, nella Tomba dell’Alligatore, sotto il pelo dell’acqua, immerso tra gli scheletri, Sliekas attese la fine della scossa.
“La signora non sarà contenta,” pensò, prima di tornare a occuparsi delle sue ferite. Solo poche bolle incresparono l’acquitrino mentre si tuffava di nuovo nella melma fangosa.
Ci sarebbe voluta qualche settimana perché i veri risultati dell’opera degli stranieri si manifestassero. Le voci nella mente dei Naras si affievolirono pian piano, fino a sparire, e con esse scivolarono via i pensieri di morte, distruzione e rovina. La produzione di saros tornò nella norma, con una discreta delusione da parte della popolazione umana, ma in fondo perfino i cittadini furono lieti di barattare il saros in eccesso con un po’ di tranquillità da parte dei loro vicini nymal.
Samanos dormiva nuovamente sogni più tranquilli.
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Mastro Šuo, vi scrivo io stesso, non potendo aspettare che leggiate i resoconti, per narrarvi le cose che ho visto accadere vicino agli accampamenti stranieri, presso Kalnas. Voi forse avete già saputo che lì vicino era stata trovata una catacomba naras, e che durante la loro permanenza i Predestinati vi sono entrati a più riprese, su istigazione di Arturas Katraus - che le sue riserve di saros vadano perdute, incidentalmente - per cercare di aprire la porta sul fondo, che era sigillata.
A dire il vero i Predestinati, col passare dei giorni, si facevano sempre più sospettosi riguardo a queste catacombe e al motivo per cui avrebbero dovuto aprirle, essendosi figurati le più ardite teorie su cosa ci sarebbe stato dietro quella porta, ma vi confesso che io avrei preferito (quasi) qualunque loro teoria a quello che effettivamente ci è stato trovato.
Per andare con ordine, comunque, gli stranieri, nonostante diverse perplessità, sono riusciti dopo alcuni giorni a capire la giusta sequenza in cui le chiavi - così essi chiamavano alcune graziose gemme colorate che avevano reperito nel corso delle spedizioni - dovevano essere posizionate sul pannello che controllava la porta sigillata. A onor del vero, questa parte non sarebbe stata possibile senza l’aiuto di Bartok: ora vi spiegherò chi è costui, o almeno chi dice di essere, e lo so, lo so, Mastro Šuo, che queste storie di spiriti e possessioni sono per i bambini (quelli non troppo svegli), ma vi riferisco solo quello che mi è stato detto. Ogni giorno, dentro il sotterraneo, c’era una persona diversa che asseriva di chiamarsi Bartok e di essere il Naras che costruì le catacombe: in pratica, lo spirito di questo Bartok avrebbe posseduto ogni giorno un passante diverso. Egli asseriva di essere lì da secoli, perché ai tempi in cui i Naras diedero fuori di matto la prima volta - proprio come stanno facendo ora - lui era uno dei più tranquilli e provò a convincere gli altri a non fare un eccidio. Ebbene, sapete come va quando ci sono molti che vogliono menare le mani e uno che vuole fermarli: infatti io non mi metto mai in mezzo a niente. In sostanza lo chiusero nelle catacombe a morire, ma il suo fantasma cominciò a infestarle. A onor del vero, questo… o dovrei dire questi Bartok conoscevano le catacombe davvero bene, e i loro ricordi sembravano coincidere perfettamente… non che io la prenda come una prova della veridicità della loro storia, ve l’assicuro! Ma era per dire, una buona allucinazione collettiva, davvero ben riuscita.
Comunque sia, quando finalmente ebbero tutte le chiavi e la loro giusta successione, gli stranieri si radunarono tutti quanti - temevano infatti che dalla porta sigillata sarebbe fuoriuscita qualche creatura ancestrale perigliosissima - e con Bartok - il Bartok di quel giorno - emozionatissimo procedettero ad aprire la porta. Io, un po’ timoroso, mi tenni a poca distanza, dietro di loro. Non capimmo subito, né loro, né io, né Bartok: era pieno di sacchi, casse, e ancora sacchi, una quantità smodata nella grande cavità sotterranea dietro la porta, e tutti le contemplavamo perplessi, in silenzio. Quindi, qualcuno parlò.
“Saros,” sentii bisbigliare, e ci volle meno di un attimo perché il bisbiglio diventasse un grido di allarme, perché ammucchiata in quella volta naturale, proprio sotto Kalnas, c’era una quantità tale di saros da far deflagrare l’intera città, e abbiamo sentito l’inequivocabile odore di qualcosa di acceso e uno sfrigolio terribilmente sospetto - come di una miccia. Non sono fuggito, Mastro Šuo, ma se devo dire la verità è solo perché ero troppo terrorizzato perfino per scappare, e anche perchè comunque non ce l’avrei mai fatta a correre abbastanza lontano in tempo. Come in un sogno ho udito Bartok cadere in ginocchio esclamando: “Di nuovo! Di nuovo la follia che sale dalla terra ha spinto la mia gente ad uccidere!” Dopo il primo sbigottimento, invece, gli stranieri hanno cominciato a organizzarsi, o comunque ad agire come se fossero già perfettamente organizzati: alcuni sono partiti come cani da caccia a cercare le micce, i più grossi hanno iniziato a spostare casse correndo a portarle all’esterno, mentre altri si sono precipitati verso l’accampamento e le porte della città, per dare l’allarme. Io sono stato spinto verso l’esterno e a quel punto non mi è rimasto che attendere trepidante, per vedere se gli stranieri sarebbero riusciti a compiere questa impresa disperata. Dopo qualche minuto li ho visti correre tutti fuori, agitando le braccia e gridando “A terra! A terra!” E in effetti si sono gettati a terra coprendosi il capo. Ho sentito un gran fragore, la terra ha tremato e ho visto - non me lo dimenticherò finché vivo - un gran bagliore esplodere a nord, dentro le mura di Kalnas. Quindi un fumo denso è uscito dall’ingresso delle catacombe, e poi è crollato tutto.
Gli stranieri si sono contati, sembra fossero tutti ancora interi, per quanto pieni di calcinacci e polvere e fango. Qualcuno di loro piangeva, e quando mi avvicinavo ai loro capannelli li sentivo invocare tristemente il nome di Bartok:
“Povero Bartok,” dicevano “Si è sacrificato per tutti!”
“A un certo punto ci ha detto che non ce l’avremmo mai fatta a farmare tutto, che avrebbe fatto lui quello che poteva…”
“Si è inoltrato tra i sacchi di saros in cerca della miccia più grossa…”
“Il suo spirito non può più tornare perché il corpo ospite è morto fuori dalla catacomba che lo proteggeva…”
“Ha detto che non avrebbe permesso che succedesse come quando era vivo, che anche allora non era colpa dei Naras ma delle voci…”
E, volgendo lo sguardo su Kalnas e sul fumo nero che ancora si alzava da un punto dentro le mura, dicevano anche che probabilmente Bartok ce l’aveva fatta a spegnere almeno la miccia principale, o Kalnas sarebbe stata rasa completamente al suolo a quel punto, e non solo mezzo quartiere.
Nel frattempo dalla porta della città uscivano cittadini spaventati, accompagnati da quei Predestinati che erano corsi a dare l’allarme, e parlando con qualcuno di loro ho capito che più d’uno si sarebbe trovato proprio nel quartiere dell’esplosione, se non fosse stato avvertito proprio all’ultimo istante.
Il resto l’avrete già saputo, Mastro Šuo. Non si può dire che sia andato tutto bene, ma vi assicuro che sarebbe potuta andare molto peggio se gli stranieri non avessero aperto la porta. Ora speriamo solo che la vecchia Naras abbia ragione e che il rito plachi una volta per tutte la follia dei nymal.
Dubito ci siano riti adeguati per placare la follia di Sua Eccellenza il Consigliere Katraus, invece. A questo proposito…
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Gli stranieri erano ancora qui quando è scoppiato lo scandalo: erano giorni che Arturas Katraus insisteva con strane richieste e sviava il discorso quando si trattava di capire le sue motivazioni. Perfino loro, non troppo avvezzi alle… manovre tipiche delle nostre terre, si sono insospettiti, e hanno iniziato a mettere insieme i pezzi. E’ venuto fuori che Arturas cercava disperatamente di far passare sotto silenzio gli effetti devastanti di una congiura ordita dal padre, il Consigliere Erikas Katraus, ai danni dei Naras ma anche della città di Kalnas.
Andiamo con ordine: cosa pensa la famiglia Katraus dei Naras lo sappiamo tutti. Il Consigliere aveva in animo di indurre il Consiglio dei Creatori ad approvare una legge che alleggerisse sensibilmente le pene per l’omicidio dei nymal, “se motivato”. Vi assicuro che a volte penso che non sia un’idea tanto malvagia, se almeno fossero un po’ meno sporchi… ma mi rendo conto che sarebbe stata una legge forse eccessiva. In ogni caso, per indurre gli altri oligarchi a più miti consigli in merito, Katraus ha ben pensato di tendere una trappola agli uomini-rana: ha trovato la mappa delle vecchie catacombe, ha capito che davano su una caverna proprio sotto la capitale, ha contattato qualche giovane perditempo naras - di quelli noti per essere dei facinorosi - e fingendosi simpatizzante della causa gli ha fornito tutta la documentazione, e anche qualche suggerimento buttato lì. Katraus contava sul fatto che i nymal avrebbero cercato di preparare qualche attentato ai danni del Palazzo del Consiglio: lui avrebbe potuto sventarlo e al contempo mostrare a tutti quanto gli uomini-rana siano pericolosi, imprevedibili, nemici dell’ordine pubblico! Solo che i nymal - resi più aggressivi dalle voci, o così dicono - hanno pensato che il Palazzo del Consiglio fosse troppo poco, e di far saltare in aria l’intera Kalnas, e come se non bastasse i piccoli, viscidi assassini hanno trovato il modo di sigillare la porta, in modo che né Katraus né altri potessero andare a sventare l’attentato. Ecco perché suo figlio si dava tanto da fare perché gli stranieri capissero come aprire la porta in fondo alle catacombe! Certo, lui sperava che, una volta capito, si limitassero a riferirglielo, in modo che gli scagnozzi del padre potessero rimettere tutto in ordine senza scalpore, ma purtroppo per lui la congiura è stata scoperta prima. Dovevate vederlo, il figlio di papà, con che sussiego guardava tutti dall’alto in basso, mentre le guardie cittadine lo portavano via per interrogarlo! Credo che per un momento abbia anche pensato di fare una scenata, l’ho visto misurare la distanza fra sé e la sputafuoco di una guardia… ma le facce delle decine di Predestinati intorno a lui devono averlo ricondotto a più miti consigli.
Dopo poche ore hanno arrestato Erikas Katraus.
A quel punto, il Consiglio dei Creatori ha convocato di corsa una seduta straordinaria e ha estromesso la famiglia Katraus: i ben informati dicono che anche Petras Jokubas sapesse della congiura e che si sia comprato il perdono degli altri Consiglieri con il suo voto contro i Katraus, senza il quale non li si sarebbe potuti escludere legalmente dal Consiglio. Naturalmente, dopo questo episodio, del fantomatico matrimonio tra Arturas Katraus e Leja Jokubas non si è più fatta menzione.
Adesso c’è un posto vuoto in Consiglio e le famiglie minori sono già in fermento per assicurarselo: prevedo un periodo molto movimentato nella politica di Vadreen. Sono quasi lieto di essere un semplice cronista, con un normalissimo salario utile a mantenere la famiglia e procurarsi qualche svago! In questo momento, essere ricco in questa regione può voler dire doversi difendere da troppi coltelli nella schiena.
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Aimana osservava la scena dal fitto della palude. Anche il terzo gruppo di Predestinati era in posizione. L’alchimista era stato bravo a spiegar loro come preparare i filtri, dall’odore che i calderoni avevano emanato per tutta la mattina i funghi sacri sembravano cotti a puntino.
Si erano divisi in gruppi omogenei, era strano vederli collaborare sapendo la frequenza con cui si facevano guerra nelle loro terre.
Tre femmine di varie regioni cominciarono a cantilenare una strana nenia e altri partecipanti al rito mimarono sacrifici e uccisioni rituali; Aimana sghignazzò sotto i baffi: erano buffi, ma d’altro canto probabilmente la sua gente sembrava loro altrettanto buffa da centinaia di anni... ci vuole autoironia nella vita, soprattutto nei periodi più bui.
Un uomo alto e magro, con addosso molte pellicce, versò il filtro sull’antico albero morto che i Predestinati avevano scelto come rappresentazione delle ferite di Samanos; Aimana apprezzò la destrezza e la precisione con cui l’umano non sprecò nemmeno una goccia del prezioso liquido.
La voce nella sua testa urlava insulti e imprecazioni come mai prima: era lieta di liberarsene, cominciava a essere un inquilino fastidioso.
Il rito era concluso, ora bisognava solo attendere: da centinaia di anni questa cerimonia leniva la sofferenze del Custode, ed ora avrebbe lenito anche la follia del suo popolo. Seguì a distanza i Predestinati che tornavano al loro accampamento, li sentì ridere e discorrere, potevano sembrare allegri, ma anche un cieco avrebbe notato la tensione nelle loro spalle o la frequenza con cui si guardavano intorno per vedere se qualcosa mutava.
Quindi, all’improvviso, un boato terribile squarciò l’aria. Il suolo tremò, vittima di un sussulto che veniva dal cuore stesso della terra. Le chiome degli alberi sembrarono voler toccare gli acquitrini e gli animali della palude fuggirono in ogni direzione, terrorizzati e confusi. L’acqua degli stagni abbandonò il suo consueto stato di stasi riempiendosi di bolle e le polle di saros schizzarono gelatina rossastra in ogni dove.
Poi, così come era cominciato, si quietò.
“Addio, vecchio amico, spero di non sentirti così agitato mai più!” Esclamò Aimana ghignando, dando un una pedata al terreno melmoso; lanciò un’ultima occhiata agli stranieri che si rialzavano dopo la scossa: sembravano illesi, e Aimana fece un cenno di saluto che nessuno avrebbe visto.
“Bravi ragazzi. Strambi... ma bravi!” Dopodiché si allontanò nella palude canticchiando.
Molto lontano da lì, nella Tomba dell’Alligatore, sotto il pelo dell’acqua, immerso tra gli scheletri, Sliekas attese la fine della scossa.
“La signora non sarà contenta,” pensò, prima di tornare a occuparsi delle sue ferite. Solo poche bolle incresparono l’acquitrino mentre si tuffava di nuovo nella melma fangosa.
Ci sarebbe voluta qualche settimana perché i veri risultati dell’opera degli stranieri si manifestassero. Le voci nella mente dei Naras si affievolirono pian piano, fino a sparire, e con esse scivolarono via i pensieri di morte, distruzione e rovina. La produzione di saros tornò nella norma, con una discreta delusione da parte della popolazione umana, ma in fondo perfino i cittadini furono lieti di barattare il saros in eccesso con un po’ di tranquillità da parte dei loro vicini nymal.
Samanos dormiva nuovamente sogni più tranquilli.
Re: RdI - Il seme della discordia - Narrazioni
Rinnovo i complimenti allo Staff dell'evento, la storia che avremmo vissuto se le intemperie non si fossero abbattute su di noi era ed è davvero avvincente! Vogliamo vedervi tornare all'opera, sappiatelo!
Schneider Isalgrim Braun,
Treu Zauberstabe Schwarzen Falke
Treu Zauberstabe Schwarzen Falke
Re: RdI - Il seme della discordia - Narrazioni
Concordo con Emilio al 100%
Ancora complimenti a tutti
Ancora complimenti a tutti
Jōheki no Tora
La Bianca Tigre d'Autunno
La Bianca Tigre d'Autunno
Re: RdI - Il seme della discordia - Narrazioni
MERAVIGLIOSO. Uno degli eventi più belli che ho giocato. Una storia avvincente e complessa. Davvero bellissimo. Si...peccato per le intemperie e il clima funesto perchè me la stavo davvero godendo Continuate così perchè siete fortissimi ^_^
Il Vostro Niubbo d'Oro