Mappa di Vadreen

Vadreen

Mappa di Vadreen

“Gli ultimi raggi di sole della giornata filtrano dorati tra le fitte chiome degli alberi sovrastanti la palude; i pochi che riescono a schivare gli intrecci di liane e tronchi ricoperti di soffice muschio, fino a giungere al terreno melmoso, sono comunque troppo deboli per sciogliere il ghiaccio che sta cominciando a formarsi.

L’inverno a Vadreen non è mai lungo, ma è cattivo come un alligatore affamato, ti morde in profondità fino a spezzarti le ossa, uccidendo i piccoli e i deboli e rubando la speranza dagli occhi di chi è abbastanza forte da sopravvivere; forse perchè nella palude non si è mai davvero esposti al sole, né si è mai davvero asciutti. L’umidità impregna i vestiti e i capelli di ogni creatura che vive nel suo oscuro grembo, dal giorno in cui ne emerge a quello in cui torna a farne parte. Non è una vita facile quella dei Naras: un tempo forse lo è stata, ma ora, relegati nei peggiori acquitrini della regione, l’inverno riesce a renderla quasi insopportabile.

Questo e altri pensieri affollano la mente della vecchia Aimana, mentre con una mano stringe lo spesso scialle color polvere e con l’altra regge un grosso cestino pieno di erbe profumate e radici dalle forme peculiari.

Da tutto il giorno raccoglie il necessario per i suoi impiastri e i suoi riti e un occhio esperto potrebbe riconoscere, tra i frutti del suo bottino, il necessario per produrre unguenti salvifici tanto quanto distillati di morte. Il figlio di Dinara è nuovamente malato di una strana tosse che gli fa sputare grossi grumi di muco verde: bisogna trovare un rimedio o non vedrà una nuova estate, e se non si trova… non è un lavoro per i deboli di cuore quello di un Erborista Nero dei Naras.

Nel suo vagare incessante è giunta fino al limitare della palude, fino al confine della terra degli uomini. Sa che è pericoloso essere lì, una guardia zelante potrebbe vederla dalle mura della città e ucciderla per semplice diletto. Ma Aimana non riesce a trattenersi, vuole solo sedersi un po’ ad osservare i preparativi di quella che sembra una grande festa. Tutti nella palude ne parlano: gli uomini hanno invitato gli stranieri, arriveranno a breve e i Creatori hanno ordinato che la città venga tirata a lucido, che banchetti siano allestiti e che un ballo venga organizzato. Quindi carri pieni di derrate alimentari si affollano all’ingresso delle mura, creando un chiassoso viavai, e musici provenienti da chissà dove si esercitano con strumenti che la vecchia Aimana non ha mai udito in tutta la sua vita. Il tutto emana una sorta di gioia e calore, che scalda il cuore e fa affiorare un sorriso anche sulle più rigide della labbra; ed è questo che la attira, quella sorta di calore che viene da dentro e che è così raro tra la sua gente.

“Certo l’inverno è molto diverso per loro, non trovi Aimana?” commenta gretta la voce alle sue spalle.

“Di nuovo tu? Cosa vorresti insinuare? Che loro siano meglio di noi?” Aimana aguzza lo sguardo adocchiando una dama, con vestiti sfarzosi e uno strettissimo corsetto, che fa la svenevole con una grassa guardia al cancello.

“No Aimana, lo sai benissimo che non è quello che penso… che pensiamo. Dico solo che se la rivolta…” Aimana ficca una mano nel cestino tirando fuori una manciata di steli secchi e, con perizia, comincia a ripiegarli.

“Se… se… se… Se la rivolta fosse andata bene. Se l’uomo non avesse scoperto le Lacrime Rosse trovando Vadreen così attraente. Se noi non fossimo stati così deboli, o sciocchi… se avessimo visto il pericolo arrivare.” A ogni “se” la vecchia piega con fare stizzito i rametti formando un braccio, poi una testa, realizzando una gamba e bloccandola con un filo d’erba particolarmente robusto in modo che non si smonti. Finisce tutti gli arti e poi rimira il suo lavoro con una certa soddisfazione, le sue mani sono diventate nodose e artritiche ma ci sa ancora fare. Basterà aggiungere gli unguenti giusti e la bambola potrà fare grandi cose, come sempre.

“Comunque è una storia più vecchia di me, è inutile continuare a recriminare. Alimenta solo il malcontento e i discorsi violenti tra i giovani… non può portare a niente di buono… quindi smettila di ripeterlo!” riprende con fare quasi piagnucolante.

“Oh Aimana, sai che non posso, non possiamo, non sarebbe…naturale, sono qui solo per questo, io sono sempre stato qui per questo.” Un ghigno trasuda da queste parole, ineffabile e tagliente.

“Lo senti il calore Aimana? Un tempo era vostro, e se potesse esserlo ancora? Certo alcuni vi sorridono e vi tirano tozzi di pane, come si fa con un randagio malconcio all’angolo di una strada. Forse col tempo potrebbero considerarvi addirittura animali domestici. Ma il tempo, Aimana, è un lusso per pochi, sicuramente non qualcosa di cui tu potrai pascerti ancora a lungo. Non vorresti provare quel calore ancora una volta prima di andartene? Basterebbe così poco…”

Aimana rabbrividisce, a star ferma le si stanno congelando i piedi.

“E se dovesse succedere ancora? Se la storia dovesse ripetersi? Lo ammetti anche tu che non sono stati male negli ultimi anni, se vai a fare il conto dei morti probabilmente ne abbiamo fatti più noi, forse non servirà troppo tempo prima che imparino ad apprezzarci… Se si dovesse intraprendere di nuovo lo stesso percorso invece, non so quanto a fondo rischieremmo di andare… di nuovo…” La fronte corrucciata forma una ragnatela di rughe, solchi profondi quanto la memoria stessa di Vadreen, ognuna carica della preoccupazione pura che solo chi ha vissuto tanti anni può assaporare.

“Mia cara Aimana, sai benissimo quanto a fondo stiamo già andando… fino al centro della terra stessa, al cospetto di Samanos… a rivendicare ciò che è, era e deve essere solo nostro.”

Aimana, scossa da un sussulto, si gira di scatto scrutando le ombre della palude, si sta facendo troppo buio e i suoi occhi non sono più buoni come una volta. È tempo di tornare…”

Vadreen è una fetta di terra chiusa tra due catene montuose e un fiume di grandi dimensioni. L’irruenza di questo mastodontico corso d’acqua ha reso impossibile la costruzione di un ponte o di una struttura che resistesse alla sua forza per più di qualche mese: ogni tentativo è fallito miseramente alla prima piena. Le piene a Vadreen sono un fenomeno costante e imprevedibile. La terra che si sviluppa tra monti e fiume è un’enorme palude.
La popolazione che abita la regione comprende umani, che vivono quasi esclusivamente nelle due città principali, e nymal che abitano le paludi.
Il saros è un composto alchemico naturale molto presente nelle paludi di Vadreen, che si concentra in polle che salgono a galla di tanto in tanto in varie zone; tutta Vadreen ne fa un ampio uso: il saros infatti ha proprietà mediche che vengono ampiamente sfruttate dalla popolazione più selvaggia della regione, oppure è una fonte di energia eccezionale. Quasi tutto a Kalnas e Ferja si muove grazie al saros.