Le lunghe notti di Camorr

I fiochi raggi di luce emanati dai globi alchemici creavano lunghe ombre scure nella fitta notte di Camorr, l’ora di Falsaluce era ormai passata da un pezzo.

L’uomo sedeva sul molo con le gambe a penzoloni, l’acqua sotto di lui puzzava di morte. Più di una volta aveva scorto con la coda dell’occhio un movimento appena sotto la superficie e cominciava a domandarsi se fosse solo la sua immaginazione o se fosse il caso di mantenere una distanza più consona alla reale pericolosità del luogo.

Era stato diverse ore a vedere il sole calare, preparandosi mentalmente a quello che lo aspettava. Un enorme galeone, battente bandiera di Tal Verrar, stava finendo le manovre di attracco al molo accanto al suo; poteva sentire i marinai urlarsi improperi e ordini da un lato all’altro del mastodontico vascello.

L’uomo si alzò e si sgranchì la schiena; una donna dai capelli ramati gli si avvicinò a passo sicuro: “Dai il segnale ai Randagi, c’è una carcassa da spolpare!” Un veloce sguardo d’intesa e la ragazza si allontanò silenziosa tra i vicoli. L’uomo si avviò a passo pigro verso il galeone e si fermò a fissarlo alla base della passerella, l’equipaggio cominciava a defluire per andare a cercare ristoro e sollazzo.

Sfilò un pugnale dall’interno dello stivale, guardò con un sorriso l’ignara sentinella rimasta di guardia, la raggiunse alle spalle: con un unico gesto fluido le recise la gola da un orecchio all’altro. Il tonfo sordo del corpo che toccò l’acqua fu l’unico suono che spezzò l’aria; l’indomani avrebbero dovuto cominciare a sbarcare il prezioso e pesante carico, pensò l’uomo guardando intorno, o almeno il carico che non sarebbe svanito, inghiottito dalle ombre che abitano ogni buia notte a Camorr.

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